15/05/2020 / GIALLO

Un uso diverso del piombo

Eek! di Scott Nickel - Tutti i diritti riservati

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Mica solo pallottole: anche caratteri. Uno in fila all'altro, a comporre righe, pagine, libri: il magico mondo dei caratteri mobili

Sapete da dove viene la parola "refuso"? Sì, quella che usate spesso anche voi per segnalare un errore. È un termine che risale al tempo della stampa a caratteri mobili. Quando per stampare un libro o un giornale si mettevano in fila tanti piombini col disegno del carattere, e poi per tenerli insieme si fondavano insieme, riga per riga. Così se si scopriva un errore bisognava togliere l'intera riga, buttarla via, ricomporla giusta e rifonderla.

Sì, la stampa e la fusione del piombo hanno viaggiato a braccetto per almeno cinque secoli. Lo stesso termine "font" (che si usa al maschile, non al femminile come facevano una volta i compositori) viene dal francese fonte, che significa fuso. Un lavoro manuale estremamente lungo e faticoso, spazzato via nel ventesimo secolo dalla fotocomposizione prima e poi dai computer, dal Postscript, dal direct-to-plate e tante altre belle tecnologie. Che rendono la stampa più veloce, più pratica, più aperta a tante possibilità grafiche, più economica (molto più economica) ma anche, ahimè, meno affascinante.

Così, pur essendo gente che, voglio dire, pubblica ebook, l'abominio per un appassionato di antica tipografia, un po' lo capiamo il protagonista di Il desiderio del tipografo, racconto di Lorenzo Fontana vincitore del Premio Giallo in Provincia, un ex poliziotto che decide di mollare tutto e seguire la sua passione per un uso diverso del piombo da quello previsto nella sua vecchia professione.

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