15/05/2020 / FANTASCIENZA

Non ci sono più i pianeti di una volta (o magari sì?)

(Eek! di Scott Nickel. Tutti i diritti riservati)

(Eek! di Scott Nickel. Tutti i diritti riservati)

Una volta viaggiare sugli altri pianeti era tutta un'avventura.

C'è stato un tempo in cui Marte era un pianeta caldo e desertico, pieno di città e di canali. I marziani avevano quattro braccia, o sembravano piccoli struzzi, o erano creature eteree, fantasmi di altri tempi. E Venere? Ah, Venere era un mondo umidissimo, piovoso: forse addirittura coperto da oceani tempestati di città sottomarine, forse ricco di giungle rigogliose.

Mondi fantastici nei quali era facile perdersi con la fantasia, come facevano gli scrittori di fantascienza e i loro lettori. Poi sono venuti i telescopi ad alta risoluzione, le sonde, e i sogni sono svaniti: Marte non aveva né canali né città ma solo distese di rocce, Venere era un inferno di gas acidi con temperature e pressione alla superficie intollerabili per qualunque forma di vita.

Nel 2015 George R.R. Martin e Gardner Dozois hanno deciso di proporre a una selezione di autori moderni di scrivere racconti ambientati sulla "vecchia Venere", quella dei sogni burroghsiani dell'età d'oro.

Tra i tanti ottimi racconti inclusi in quell'antologia c'era anche Le giungle di Venere (The Heart's Filthy Lesson) della pluripremiata, eclettica autrice Elizabeth Bear, di cui oggi esce la versione italiana nella collana Biblioteca di un sole lontano, curata da Sandro Pergameno con copertina di Tiziano Cremonini e nella traduzione di Antonio Ippolito. Un'occasione unica per leggere fantascienza vecchio stampo scritta da un'autrice moderna!

Scarica testo