08/12/2020 / SAGGI

2020, il peggior anno di sempre

(Eek! di Scott Nickel. Tutti i diritti riservati)

(Eek! di Scott Nickel. Tutti i diritti riservati)

Esce oggi In social stat virus, il racconto di come la pandemia è diventata totalizzante nella coscienza collettiva attraverso i social

2020, The worst year ever. Il peggior anno di sempre: così titola il settimanale Time con una copertina in cui mette una bella "X" sopra al numero dell'anno. La rivista americana aveva già usato la X in qualche altra occasione; per esempio nel 1945 annunciando la morte di Adolf Hitler. Il che già suggerisce, facendo anche solo a mente un rapido confronto tra, tanto per dire, 1943 e 2020, che questo uso dei superlativi assoluti – che va abbastanza di moda ultimamente, pensate a quante volte avete sentito peggior ministro di sempre, peggior destra di sempre, peggior presidente americano di sempre – a noi vecchi pedanti fa pensare che si sia persa la memoria e la prospettiva storica. E non solo storica: una famiglia di profughi siriani ha tutt'altra idea e tutt'altra scala su come misurare quale sia stato il suo peggior anno di sempre. Ma ognuno di noi può aver avuto anni peggiori di questo per motivi personali.

Tutto ciò lo diciamo senza voler neppure minimamente sminuire il dramma della pandemia, che è stata un disastro di enormi proporzioni. Ma a volte anche rendersi conto che c'è stato di peggio aiuta a reagire, e questa forma di comunicazione non aiuta.

È interessante capire che idea ci siamo fatti, di questa pandemia. Quella precedente, comparabile a questa, rimase quasi sconosciuta per lungo tempo: c'era la prima guerra mondiale e non si doveva sapere cosa accadeva. Tant'è che prese il nome di "Spagnola" proprio perché la Spagna era uno dei pochi paesi non in guerra e c'era libertà di informazione, e fu lì che se ne cominciò a parlare (l'epidemia era arrivata dagli Stati Uniti). Oggi se ne parla, ed essendo nell'era dei social se ne parla troppo. Tutti parlano: virologi, presunti virologi, economisti, complottisti, e naturalmente politici. E persone normali. Ognuno con la sua opinione quasi sempre presentata come fatto, che nel marasma finisce spesso per pesare anche se non dovrebbe, creando immagini distorte, alimentando il panico o generando eccessiva confidenza quando occorrerebbe prudenza.

È interessante e anche utile ragionarci sopra – anche perché noi stessi siamo soggetti a questi meccanismi, anche senza rendercene conto – ed è consigliata per questo la lettura del breve saggio in uscita oggi, In social stat virtus di Marco Marangio. Marangio è una delle pochissime persone oggi in Italia a non essere un virologo. Però è un esperto di comunicazione e di sociologia. E parla di questi argomenti, con competenza. Prestategli orecchio.

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